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Venice, quante storie...!

  • Immagine del redattore: Selene Zanetti
    Selene Zanetti
  • 18 set 2024
  • Tempo di lettura: 5 min

Quando dico alle persone appena conosciute che lavoro faccio, le reazioni sono tre:

  1. "Wow"

  2. Momento di buffering cerebrale

  3. "Come fai a cantare davanti a tutte quelle persone?"

Lasciamo stare per un momento un eventuale punto 4. che recita tipo: "Sí, ma poi che lavoro fai?!", però spesso mi fermo a considerare il fatto che effettivamente il mio é un lavoro di "esposizione". Mi dirai "ma va?!" eppure non ci pensi mai, quando sali sul palco, alle singole persone che popolano il teatro per quelle poche ore: pensi sempre all'unità, al "Pubblico" come se fosse un individuo unico.

Il buio favorisce la tranquillità mentale nell'affrontare questo genere di sfide perché, di fatto, il pubblico é al buio e non si vede nulla se non delle vaghe sagome. Nella mia carriera, fino ad ora, ho cantato per più di duemila persone a serata e la cosa mi ha sempre dato grandissime emozioni e mai timore.

Sabato 13 luglio le persone ad ascoltarmi erano CINQUEMILA, più quelle che seguivano il concerto da casa su Rai5.

Piazza San Marco era sembrava un tappeto di teste illuminate dal riflesso delle luci del palco, dalle luci delle procuratie e della Basilica. Lí le facce le ho proprio viste... soprattutto quelle delle prime file e l'effetto é stato decisamente intenso.

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Concertone a parte, devo ammettere che lavorare a Venezia mi ha sempre offerto spunti di metamorfosi più che in altri teatri. Innanzitutto sono "uscita dal guscio" e ho iniziato a fare le "cose serie" qui a Venezia, quando il Maestro Fortunato Ortombina, allora sovrintendente, decise di scommettere su di me affidandomi il ruolo di Mimì nella produzione de "La Bohème" nel 2018.

Questa è stata la mia prima volta su un palcoscenico da Ospite, perchè fino a quel momento avevo vissuto sotto l'ala protettrice del Bayerische Staatsoper essendo stata, io, prima membro dell'operastudio e poi membro dell'ensemble.

Ricordo di aver pianto ad un certo punto. Non so perchè, però alle volte capita!

E poi ero piccola... ero un pulcino appena uscito dal nido!




Dopo qualche anno venne Alice Ford nel Falstaf di Giuseppe Verdi. Correva l'anno 2022. È stata il debutto di un nuovo ruolo e in una nuova produzione diretta da Adrien Noble e diretta dal Maestro Myung-Whun Chung. Uno spettacolo di produzione nella quale mi sono divertita come poche volte nella mia carriera, con colleghi spassosissimi e, ancora, nella mia città del cuore.




Passiamo al 2024, maggio. Mi chiama Gianluca (il mio agente) e mi dice che manca la Margherita del Mefistofele di Boito. "Gianluca, non so il ruolo!" "Lo impari, tanto sei brava!"

Ok, dovevo affrontare il debutto di un nuovo ruolo in meno di due giorni, partendo da zero, durante le prove per Il Trovatore a Stoccarda e le ultime recite di Otello a Mainz.

Qualcuno ha detto che ho fatto un miracolo; io invece credo di averlo chiesto, il miracolo, per il giorno dopo, dato che dovevo tornare a Mainz per una recita di Otello... Non proprio una vita tranquilla!

Ad ogni modo ancora oggi non riesco a spiegarmi completamente come sia riuscita ad imparare un ruolo in 36 ore, a debuttarlo salvando la serata e a riscuotere anche un gran successo, ma ce l'ho fatta e quella è stata una delle poche volte (numerabili sulle dita di una mano... facciamo due, dai!) in cui mi sono sentita orgogliosa di me.

In realà, lo so. Si chiama determinazione.

Per premiarmi mi sono concessa uno spritz -rigorosamente veneziano- al Florian... mi accontento di poco!


P.S. Grande successo, ma anche tante critiche; e non parlo di recensioni di critici su come ho cantato/recitato, no, critiche sulla scorrettezza di avermi concesso di cantare con la preparazione del ruolo "attaccato con la colla".

Interessante... Magari un giorno ci scrivo qualcosa...


E ora sono di nuovo qui con la mia bella Liù nella Turandot del buon Giacomo Puccini.

Sono diventata "veneziana" perchè qualche mese fa ho deciso di trasferirmi in quella che ritengo essere la città più bella del mondo e questa è un'altra di quelle cose che mi rendono orgogliosa di me (vedi le dita delle due mani di poco sopra).

Non è stato il debutto di un nuovo ruolo, tantomeno il debutto in un nuovo teatro poiché la relazione tra me e Liù dura ormai da 4 anni e quella con la Fenice da 6.


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Eppure questa volta mi sono dovuta scontrare con diverse situazioni che mi hanno dato la possibilità di analizzare me e il contesto nel quale mi trovo praticamente sempre. Questa volta ho dovuto fare i conti con il mio corpo e quindi con il mio strumento, e la lotta con il mio cervello. Non saprei ancora dire chi abbia vinto, ma ci sto lavorando.

Certo è che mai come oggi mi rendo così pienamente e tangibilmente conto di quanto la mente possa metterti fuori gioco in due millesimi di secondo e che questo è un lavoro per atleti che hanno bisogno di essere seguiti da varie figure tra le quali una che ho sempre ritenuto abbastanza inutile: il mental coach: quello che ti pompa a mille prima di una sfida, una gara, un qualsiasi cosa che ti può mettere in difficoltà annullando tutte le tue momentanee insicurezze. Un coca-speaker!



E quindi ecco una lista di specialisti che dovrebbero sempre affiancare un cantante (posso solo parlare della mia categoria) in grado da evitargli danni psicofisici permanenti.

Ecco la lista:

  • famiglia incoraggiante e presente

  • agente

  • PR

  • mental coach

  • psicologo

  • psichiatra

  • foniatra

  • osteopata

  • fisioterapista

  • compagno/a

  • commercialista

  • animale domestico

Mi ritengo fortunata a poterne spuntarne più di qualcuna, però non nego che mi piacerebbe spuntarle tutte, ma nella vita delle persone grandi bisogna sempre fare i conti.

Ad ogni modo questo periodo mi sta insegnando quanto sia fondamentale sviscerare le radici marce avviluppate al proprio inconscio e tagliarle senza pietà e senza temere di ferirsi.

Sto anche imparando il perdono; non del prossimo, ci mancherebbe altro, bensì quello di se stessi, il coraggio di perdonarsi gli errori senza flagellarsi l'autostima fino al sangue e alla carne viva. Sto cercando di imparare -questo è ancora difficile- a guardare il presente, a progettare il futuro e a rimembrare il passato, ma ognuno con il proprio tempo: tanto, poco e pochissimo.

Tutto ciò sta capitando sulla mia pelle e talvolta è come una carezza con una piuma, altre volte è come una frustata con le ortiche, ma suppongo che tutto abbia il suo perchè.

E soprattutto credo che più o meno tutti sappiano di cosa sto parlando, cantanti e non.



Da ultimo: il tempo di stare.

La pazienza di stare nel tempo delle cose con il ritmo di cui necessitano senza accelerare, scappando, o rallentare, affogando; la capacità, poi, di osservare il fluire delle esperienze senza giudicarle e giudicarsi, ma accogliendole con gratitudine; il saper accettare quello che arriva con equilibrio.


Questo lavoro insegna sempre qualcosa e spesso ti costringe a capire e poi ad imparare.

Forse è proprio per questo che c'è sempre una domanda che segue al "Che lavoro fai?".

Perchè non ci si crede che cantare possa insegnare.



1 commento


studiost.umberto
18 set 2024

Bella, appassionata, concreta. Mi pare che ci sia proprio tutto

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